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La visita segreta di re Baldovino
alla basilica di Loreto

IL MONARCA del Belgio e la moglie arrivarono nella città marchigiana nel gennaio del 1990. Una vicenda che si intreccia con quella di padre Stanislao che raccolse i suoi pensieri sulla legge sull'aborto che rifiutò di firmare

 

Papa Wojtyla e mons. Macchi (foto donata da una nipote di p. Stanislao Santachiara)

 

di Maurizio Verdenelli

La Storia passa ancora una volta per Loreto. Proprio nella Casa di Nazareth dove papa Francesco il 25 marzo scorso ha ‘detto messa’ rilanciando il primato della famiglia nella scala dei valori umani, ventinove anni fa una coppia reale confermò i propri voti nuziali e non venne meno al proprio credo a prezzo pure della corona che quella dinastia aveva difeso nei 4 anni di prigionia nazista. «Baldovino è stato il grande custode dei diritti della coscienza umana». Con queste parole nell’udienza generale del 7 giugno 1995 a Roma, san Giovanni Paolo aprì la causa di beatificazione per il re del Belgio che non aveva voluto firmare la legge sull’aborto. Baldovino era morto sessantatreenne due anni prima (31 luglio) a Motril in Spagna: aveva regnato per 42 anni, ininterrottamente ad eccezione di 3 giorni: dal 3 al 5 aprile 1990. L’amatissima sposa, la regina Fabiola gli sarebbe sopravvissuta 11 anni.

Fabiola e Baldovino

«Baldovino e Fabiola giunsero da Bruxelles a Loreto in una mattina di fine gennaio del ’90 viaggiando in incognito in Mercedes blu con autista ma senza scorta. Non era certo una visita di Stato, la loro, ma di fede. Una fede incrollabile quella che aveva mosso la coppia coronata più celebre del mondo fino alla Santa Casa. Un lunghissimo viaggio notturno in auto: nel bagagliaio i loro abiti nuziali. Ad accoglierli mio zio, padre Stanislao Santachiara, settempedano anche se nato a Santa Fè in Argentina dove i genitori erano emigrati dalle Marche» racconta Giovanni Santachiara, maceratese. Che spiega: «Padre Stanislao mi aveva confidato anni fa questa sua grande esperienza tenendomi al segreto. Tuttavia, nella primavera scorsa, la visita di papa Bergoglio a Loreto è stata per me illuminante ed una chiara indicazione a dover rivelare questa storia ‘familiare’ senza pari avvenuta nel suo contesto più autentico e suggestivo: la Casa della Sacra Famiglia».

Di quei due eccezionali ‘pellegrini’ che si presentavano alla Madonna lauretana, rinnovando il proprio amore di sposi, nulla sapeva neppure il delegato pontificio, monsignor Pasquale Macchi, già segretario di Paolo VI. Lo aveva espressamente chiesto il re a padre Stanislao, allora rettore del santuario. Lo era stato anche dal ’55 al ’61, e lo sarebbe stato per un altro anno ancora dall’85. In solitudine ed in perfetto silenzio, i due regnanti s’immersero per molte ore nella preghiera inginocchiati davanti alla Madonna Nera, tra i laterizi anneriti che la tradizione attribuisce alla Casa di Nazareth. Alla Madre di Dio, il devotissimo monarca belga, figlio di Leopoldo (eroe della resistenza anti-tedesca) fratello di Maria Josè, già regina d’Italia, chiedeva la forza per opporsi alla legge di liberalizzazione dell’aborto che il parlamento si apprestava a legalizzare completamente. Per lui, che dal matrimonio con Fabiola non aveva avuto l’agognata discendenza, un insormontabile problema di coscienza. Anzi, doppio. Disse infatti a padre Stanislao: «Avrei voluto essere padre e non ho potuto esserlo ed ora dovrei firmare una legge che interrompe la vita che si fa strada; sono inoltre la guida del mio Paese e dovrei indicargli proprio questo orizzonte varando la legge sull’aborto. Non credo che lo farò. Nelle mani di Maria oggi io e mia moglie Fabiola oggi poniamo i nostri destini, chiedendo coraggio e forza per sostenere questa grande prova».

Baldovino, Fabiola e l’autista stettero poi a mensa con padre Stanislao e i cappuccini, prima di ripartire per Bruxelles. Qualche tempo dopo, il re avendo preso la decisione di non ratificare la legge, scrisse al premier Wilfried Martens: «So che agendo cosi non scelgo una strada facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere». Il Belgio lo amava troppo e rispettava la sua fede cattolica per rinunciare a lui. Allora il parlamento variamente interpretando l’art.93 della Costituzione, ne decretò dal 3 al 5 aprile 1990 la temporanea “impossibilità a regnare”. La legge sull’aborto fu votata il 4 aprile. L’Uomo di fede non era sceso a patti con la propria coscienza ed ancora nella luce della Madonna lauretana, Karol Wojtyla, 5 anni dopo ne indicò il cammino verso gli altari.

Confidò ancora padre Stanislao a Giovanni: «La presenza, la testimonianza di fede di Baldovino mi commossero. Per me un segno: fu allora che raggiunsi completamente il mio percorso religioso, mi ‘convertii’ totalmente”. Pensare che padre Santachiara era giustamente considerato un ‘santo’ frate, magna pars dell’ordine dei cappuccini di cui era stato quattro volte superiore provinciale e dal ’73 al ’76 presidente della conferenza dei Superiori provinciali d’Italia. Due lauree in Teologia, studi in Inghilterra dove fu ordinato sacerdote (penitenziere a Loreto dei pellegrini di lingua inglese), direttore della Custodia di Bahia (Brasile) e dell’Istituto superiore marchigiano di Scienze religiose.

Come rettore a Loreto si devono a lui opere edilizie importanti. Infine Santachiara è stato anche una firma autorevole e costante dell’house organ del Santuario: ‘Il Messaggio della Santa Casa di Loreto’. Tuttavia, lo scoop che l’aveva visto testimone nell’inverno del 90, lui non volle scriverlo mai. Stanislao spirò l’11 aprile 2002 all’ospedale di Camerino. Nel vicino convento di Renacavata, vive ancora il suo assistente custode di una biografia eccezionale.

«Davvero straordinaria eppure mio zio, tornato a 5 anni dall’Argentina con la famiglia – ricorda la nipote Carla Mancini- non si sentiva portato per la vita da cappuccino. In convento, a Cingoli, l’aveva affidato il padre, ad 11 anni. Tuttavia contrasse quasi subito una grave malattia di lì a poco tanto che il genitore si era subito precipitato per riportare il figlio a casa. Tuttavia il giovanissimo Stanislao sentì allora e all’improvviso ‘qualcosa’ dentro che lo tratteneva in quel santo luogo. Non volle lasciarlo. E diventò presto un modello di virtù francescane.

C’è una foto che lo ritrae a dorso di un mulo, era facile vederlo a piedi nudi in inverno e rifiutava ogni volta i piccoli aiuti economici del padre rattristato dalle estreme restrizioni che s’imponeva il figlio».

«Pure un uomo così ricevette da re Baldovino l’esempio del perfetto cristiano» dice Giovanni Santachiara, che con il cugino Renato Zero (il celebre cantante ha origini settempedane) vanta una indiretta ma intensa parentela con padre Stanislao. Ora Giovanni che nel ’92, sindacalista Cisl, riscosse notorietà internazionale denunciando il caso delle operaie costrette a licenziarsi in caso di maternità, s’interroga sul perchè lo zio avesse scelto proprio lui per confidare un pezzo di storia fondamentale tra Fede e Ragion di Stato. «Ci ho pensato spesso, ma poi ho voluto rivelare ciò che mi disse il padre allorchè dopo la visita di Francesco a Loreto nessuno mostrava di ricordarlo più …padre Stanislao chi?».

 

Padre Stanislao Santachiara ai tempi del seminario a Cingoli

 

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