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Il Papa celebrerà nella Santa Casa,
non accadeva da 162 anni
Dal Cin: «Francesco rilancia la famiglia»

LORETO si prepara a ricevere il nono pontefice della storia moderna a visitare il santuario, nel nome di Giovanni XXIII. Per la prima volta un documento sinodale sarà firmato fuori dal Vaticano. Il delegato pontificio: «Ieri, in preparazione all'evento,una benedizione verso il Mediterraneo che deve unire e non dividere»

Monsignor Fabio Dal Cin con papa Francesco

di Maurizio Verdenelli

Nel nome di quei ‘due giovani particolari’ che videro i muri anneriti della Santa Casa ed attraverso loro, il Cristo e Maria, nel nome di tutti i giovani della terra. E nel nome del papa buono che aprì all’Oriente, passando anche attraverso la Cortina di ferro e che Gorbaciov scelse all’inizio del nuovo millennio per presentare, con Rita Levi Montalcini, il suo Manifesto per la Terra. Loreto, dove terra e cielo, s’incontrano, è pronta da un mese a ricevere Francesco, il nono papa dal 1962 ad oggi.

Quando Giovanni XXIII uscì per la prima volta in Vaticano arrivando sin qui, ai confini del mare e poi ad Assisi dove un regista famoso vegliava, quel giorno, nella sua stanza alla ‘Pro Civitate Christiana’ e ‘scoprendo’ nel cassetto del comodino il vangelo secondo Matteo, ne avrebbe fatto un film ‘miracoloso’ dedicato al papa buono. Quel regista e scrittore si chiamava Pier Paolo Pasolini.
Ma torniamo a Loreto dove lunedì si chiude spiritualmente una parabola aperta da Roncalli che volle dedicare alla Madonna ‘nel Santuario sintesi di tutti i santuari’ gli esiti del Concilio che avrebbe cambiato la Chiesa e il mondo. Francesco, a Maria, porta invece gli esiti del Sinodo dei Giovani cui tanto affida il suo futuro in un’alba piena di ombre con il rischio di una nuova guerra fredda a dividere i popoli del pianeta.
«In un mese il pontefice ha deciso: sarebbe venuto a Loreto – dice monsignor Fabio Dal Cin, 54 anni (viene da Vittorio Veneto: “veneto come Capovilla” fa lui) dal 20 maggio 2017 delegato pontificio della Santa Casa e pure del santuario di Sant’Antonio, a Padova – Una gioiosa attesa dalla popolazione che da tempo mi chiedeva quando sarebbe venuto Francesco…» dice al telefono.E sottolinea, il prelato «importanza storica di un atto senza precedenti. Per la prima volta fuori dal Vaticano la firma del papa in calce alla lettera post sinodale che ne contiene tutti gli alti significati: l’esortazione ai giovani nel segno di Gesù, nostra Speranza». E «ieri, in preparazione ad una tale venuta, una grande cerimonia con tante famiglie ed 800 ragazzi pellegrini venuti dalle Marche e pure fuori dall’Italia conclusa inusualmente , dopo la celebrazione e l’adorazione in Santuario, con una processione all’aperto fino a Porta Marina… conosce Porta Marina?»
Si, monsignore
«Ecco…non so se possa interessare. Tuttavia ho sentito l’impellenza di fermarci tutti, con lo sguardo rivolto all’Oriente da dove è venuta la Santa Casa, all’infinito, al Mediterraneo. Ed ho sentito che quello era il momento e il luogo giusto per la benedizione per tutta la città, in direzione del mare che deve unire, non dividere…».

Karol Wojtyla e Angelo Roncalli

Sono passati 57 anni dal 4 ottobre, festa di San Francesco quando Roncalli si mise in viaggio: altra suggestione per il papa argentino che ha scelto di chiamarsi come il Poverello di Dio e per decidere, praticamente dalla sera alla mattina, di visitare nel 2016 Amatrice e tutti gli altri centri di Lazio e Marche distrutti dal terremoto. E in tema di statistiche, 162 anni sono trascorsi da quando Pio IX ‘disse messa’ all’interno del santuario. Nessun altro l’avrebbe fatto. Né Giovanni Paolo II, habitué di Loreto nel nome della Madonna (‘Totus tuus’ il motto apostolico di Wojtyla) che avrebbe inaugurato il grande ’catino’ di Montorso nel segno di Eurhope (1995) dove scenderà in elicottero lunedì mattina Francesco e dove 12 anni fa era tornato Benedetto XVI per l’Agorà dei Giovani italiani con Andrea Bocelli dal palco mirabile interprete dell’Ave Maria di Schubert in un tardo pomeriggio incantato. Poi ancora nel nome e sulle orme del papa Buono, il 4 ottobre 2012, a distanza di mezzo secolo dal ‘primo viaggio’ fuori dalle Mura di San Pietro, il ritorno di Benedetto (nel febbraio successivo si sarebbe dimesso) che celebrò la messa sul sagrato del Santuario.
Per Francesco, dopodomani, quella di ‘dir messa’ nella Santa Casa «ha un altissimo significato simbolico e storico per il mondo –  sottolinea monsignor Dal Cin – Nella suggestione della prima ‘apertura’ di Giovanni XXIII, il messaggio è quello di una Chiesa che va verso i giovani e la famiglia. Non solo attraverso Maria ma anche e soprattutto attraverso la Santa Casa dove vissero ‘due giovani particolari’ e la stessa Sacra Famiglia. Insomma un profondo processo identitario» sottolinea l’arcivescovo nominato da Francesco un anno e mezzo fa. Loreto come parabola del mondo e della stessa Chiesa cattolica. Ancora una volta, sempre.
Scusi, monsignore, ma la famiglia non è in crisi, aggredita dal mondo circostante sempre e dovunque: separazioni, divorzi, femminicidi, figli contro i genitori o messi a seconda delle convenienze da madre e padre contro l’uno o contro l’altro?
«C’è invece tanta voglia di famiglia, la cellula viva sulla quale poggia la società e la Chiesa. Da settembre, qui a Loreto, portiamo avanti progetti d’incontro. Ai quali partecipano dai 100 (prima di Natale) agli 80 nuclei familiari, costantemente. Da ogni parte del Paese e fuori».

La visita di Gorbaciov a Loreto

Da Loreto, lunedì, nel breve giro di una mattina -la cerimonia si conclude prima delle 15- nel corso di un evento organizzato in neppure 30 giorni, quasi un flash mob (absit iniuria verbis) la Chiesa cattolica ed un pontefice amatissimo, chiamano a raccolta il mondo ad una nuova pace, una nuova fratellanza. Nel segno di un papa che aprì all’Est, ad una nuova frontiera, allora ritenuta invalicabile. La voce rotta dall’emozione ‘don’ Loris, lo storico segretario ed ex capo ufficio stampa di Giovanni XXIII, quel pomeriggio di giugno del 2002 si mise in contatto con Gorbaciov ricevuto nello studio di mons. Angelo Comastri, il delegato pontificio. Il telefono ‘a voce viva’ gracchiava un po’, ma si udì perfettamente mons. Capovilla (ancora non cardinale) che da Sotto al Monte (Bg), il paese del papa Buono dove aveva scelto di vivere da pensionato. «Fratello Michail, ho divorato per intero ogni sera il tuo libro: Perestroika. Sarebbe piaciuta a Giovanni XXIII. Ed io ho pianto leggendola». Eravamo tutti commossi –lo ricordo bene: inviato del Messaggero, ero l’unico giornalista ammesso a quello storico consesso. Aveva gli occhi lucidi pure Gorby, quell’amabile ‘orso’ venuto dall’ex Cortina di Ferro.



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