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Domus romana di via Matas,
i carabinieri alla Soprintendenza:
«L’area va tutelata»

ANCONA - I militari del Nucleo tutela patrimonio protezione culturale hanno inviato una missiva per far sì che ci si attivi soprattutto perché vengano muniti di catene e lucchetti i chiavistelli dei cancelli

La panoramica della domus

 

di Giampaolo Milzi

Memoria storica di Ancona nel degrado e vilipesa. Ancora una volta – della serie “arrivano i nostri” – ecco i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio protezione culturale (Ntpc), “a dare battaglia” perché vengano restituiti decoro e sicurezza agli importati resti di una “domus romana” abbandonati tra via Orsini e via Matas.

L’ingresso da via Matas

Gli uomini dell’Arma, con sede poco lontano, in via Pio II, nel cuore del centro più antico del capoluogo dorico, una decina di giorni fa hanno scritto alla Soprintendenza unica delle Marche, che ha posto da decenni sotto vincolo di tutela questo sito archeologico. Oggetto della missiva: attivarsi soprattutto perché vengano muniti di catene e lucchetti i chiavistelli che in teoria dovrebbero chiudere i due cancelli della lunga inferriata (peraltro corrosa dalla ruggine) che corre lungo le bimillenarie vestigia. I “carabinieri della cultura” si sono dati da fare dopo aver compiuto un sopralluogo sul posto, raccogliendo l’sos lanciato il 28 novembre da un articolo di Cronache Ancona. Nel pezzo, appunto, si segnalava come chissà da quanto tempo i due cancelli erano in realtà apribili facilmente da chiunque, bastava semplicemente far scorrere liberamente i chiavistelli, nessuna serratura. Ma come agirà la Soprintendenza? Quasi certa l’ipotesi che si profila: scrivere a sua volta a chi ha l’obbligo di garantire manutenzione, sicurezza e pulizia alla archeo-zona, ampia circa un ettaro; obbligo che, fino a prova contraria, sarebbe a carico dei tre fratelli eredi di Austilio Bugari, che però non abitano nel condominio, al civico 40 di via Matas, che include la piazzetta-cortile rettangolare che confina con l’area in teoria protetta. Un componente della famiglia tuttavia lavora nella nota bottega di restauro e antiquariato con ingresso proprio in via Matas, a pochi metri dal civico 40.

Usare il condizionale è d’obbligo. Infatti il sito con parti della abitazione di epoca romana sviluppatasi tra il I e il III sec. d.C. e di peristilio con basi e parti di colonne (gli scavi risalgono al 1957), così come la piazzetta, è caratterizzato da troppi anni da una sorta di archeo-anarchia-urbanistica e ambientale. Fino ad ai primi anni ‘90, il maestro artigiano della bottega Bugari, nominato custode dell’area, era sempre disponibile ad accogliere scolaresche in visita alla zona archeologica. Un virtuoso fenomeno cessato, perché poi è andato tutto in malora. Quei 100 metri quadri, testimonianza di una lussuosa villa appartenuta ad una delle facoltose famiglie che 2000 anni fa risiedevano lungo le pendici del colle Guasco, sono perennemente infestati da rovi, erbacce e rifiuti. Dalla sovrastante murata di via Orsini scendono fasci di vegetazione invasivi e deturpanti, insomma, una porzione di giungla. E in questo caso spetterebbe al Comune bonificare. Tra il 2017 e il 2018 i tecnici della Soprintendenza avevano compiuto una bonifica nella parte archeologica superficiale. Poi, come giù citato, di nuovo degrado. Di più. Si spera che la Soprintendenza torni alla carica per preservare altri resti alla stessa “domus” presenti sotto la piazzetta. Mai portati alla luce, ma anch’essi vincolati dalla Soprintendenza, che nel 2012 aveva emanato un’ordinanza di divieto di sosta proprio nella piazzetta, sempre ingombra di auto e motoveicoli. Che in quel posto non dovrebbero stazionare per due motivi: sono di forte impaccio alla visibilità della zona archeologica; il loro peso esercita una pressione sul selciato della piazzetta tale da ipotizzare, alla lunga, il cedimento dello stesso, con relativi rischi per le ulteriori strutture di epoca romana al di sotto. Sosta selvaggia? Un brutto andazzo continuativo? Interrogativi ai quali hanno cercato di dare una risposta, oltre ai carabinieri dell’Ntpc, anche la procura della Repubblica. Il caso è diventato un ginepraio giuridico. Beffardi, quindi, i due cartelli, uno in via Matas, l’altro oltre l’inferriata del sito archeologico, che indicano la rilevanza turistica dello stesso. Beffati i pochi turisti che si avventurano nel cortile, quando gettano l’occhio sui resti romani così malridotti.

Cancelli senza lucchetti, accesso garantito a tutti: il degrado della ‘domus’ romana

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