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Cancelli senza lucchetti,
accesso garantito a tutti:
il degrado della ‘domus’ romana

REPORTAGE - E’ una vergognosa, infinita odissea, quella del sito archeologico sotto la murata di via Orsini, a due passi da piazza San Francesco, nel pieno centro storico di Ancona. Questione segnalata ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale

Il cancello aperto della domus

 

di Giampaolo Milzi

Non solo in degrado cronico, nonostante si tratti dei resti di una ‘domus’ sviluppatasi tra il I e il III secolo d.C, ma ora anche l’ennesima beffa: chiunque può liberamente entrare in questa area bimillenaria; i due cancelli della grande inferriata che dovrebbe proteggerla non sono muniti, come dovrebbe essere, di catene con lucchetti. E’ una vergognosa, infinita odissea, quella del sito archeologico sotto la murata di via Orsini, a due passi da piazza San Francesco, nel pieno centro storico di Ancona. L’accesso è possibile dal tratto finale di via Matas (sottostante via Orsini), dove al civico 40 c’è un portale che immette in una piazzetta condominiale il cui lato in direzione est confina con la zona tutelata dalla Soprintendenza, in quanto importante testimonianza dell’Ancona ‘urbs’ romana. Accesso possibile, ma mica sempre, perché spesso, anche di giorno, il portone di legno è chiuso. Stamattina la brutta sorpresa: i due cancelli della struttura in ferro, completamente arrugginita, che delimita l’area che fu oggetto di scavi a partire dal 1957, possono essere tranquillamente superati. E per l’ennesima volta, la questione sarà attenzionata dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. I quali avvertiranno la Soprintendenza. Già, la Soprintendenza delle Marche, più volte chiamata in causa. Il sito, ampio circa 100 mq, è coperto da una cadente tettoia, e comprende le parti basamentali di un peristilio e di alcuni vani dell’antichissima abitazione, appartenuta ad una delle facoltose famiglie che 2000 anni fa risiedevano lungo le pendici del colle Guasco.

La panoramica della domus

Tra il 2017 e il 2018 i tecnici della Soprintendenza hanno riportato un po’ di decoro in quei 100 mq infestati e deturpati da erbacce, piante e rifiuti. Pulizia, sfalci a go go. Ma stamattina la situazione era di nuovo indecorosa, perché è proprio vero, ‘campa cavallo che l’erba cresce’, è lì – dato che non è mai stata effettuata un’opera di manutenzione seria e periodica – l’erba e ricresciuta. Senza contare le porzioni di “giungla” che scendono da sempre indisturbate e via via più invasive dall’alto della murata di via Orsini. Che dovrebbero essere eliminate dal Comune. Il sito e l’adiacente piazzetta sono il simbolo di una situazione di archeo-anarchia-urbanistica. L’obbligo di garantire manutenzione e decoro dell’ettaro con le antichissime vestigia spetterebbe alla proprietà, ovvero ai tre fratelli eredi del sign. Austilio Bugari, che però non abitano nel condominio. Un componente della famiglia tuttavia lavora nella nota bottega di restauro e antiquariato con ingresso in via Matas, a pochi metri dal civico 40. Fino ad oltre 20 fa, il maestro artigiano della bottega, nominato custode dell’area, era sempre disponibile ad accogliere scolaresche in visita alla zona archeologica. Un virtuoso fenomeno cessato, perché poi è andato tutto in malora. Di più. Sotto la piazzetta di forma quadrata ci sono altri resti, mai portati alla luce ma anch’essi tutelati dalla Soprintendenza, pertinenti al cortile della ‘domus’. Nel 2012 la Soprintendenza aveva emanato un’ordinanza di divieto di sosta nella piazzetta, sempre ingombra di auto e motoveicoli. Che in quel posto non dovrebbero stazionare per due motivi: sono di forte impaccio alla visibilità della zona archeologica; il loro peso esercita una pressione sul selciato della piazzetta tale da ipotizzare, alla lunga, il cedimento dello stesso, con relativi rischi per le ulteriori strutture di epoca romana al di sotto. Sosta selvaggia? Un brutto andazzo continuativo? Interrogativi ai quali hanno cercato di dare una risposta, oltre ai carabinieri ‘della cultura’, anche la procura della Repubblica. Sta di fatto che il caso è diventato un ginepraio giuridico, dal quale è spuntata fino ad ora con successo l’amministrazione condominiale. Che non provvede alla pulizia della piazzetta, come segnalato proprio da una condomina. Né si è mai sognata di installare un cartello di divieto di sosta. Beffardi, quindi, i due cartelli, uno in via Matas, l’altro oltre l’inferriata del sito archeologico, che indicano la rilevanza turistica dello stesso. Beffati i pochi crocieristi che si avventurano nel cortile, quando gettano l’occhio sui resti romani così malridotti. Malridotti ma preziosi. Basta leggere la descrizione che ne fa Stefania Sebastiani nel suo saggio ‘Ancona – Città antiche in Italia’. Che in breve riassumiamo. Del sito sono visibili il lato orientale, di circa 18 metri, e quello meridionale, di circa 5. Sul lato orientale (sotto via Orsini) ecco le basi di 9 colonne in arenaria. Tra 2 di esse c’è la parte di una soglia con il foro del cardine, probabilmente riferibile ad una seconda fase d’uso dell’ambiente, quando il portico fu chiuso con muretti. Quest’area aperta, pavimentata in pietra spicata, è delimitata da una canaletta composta da due file parallele di mattoni e con il fondo in cocciopesto. Lungo la canaletta, un pozzetto a base quadrata, con al centro una vera ricavata da un’ara cilindrica in marmo decorata. Sul peristilio si affacciano alcuni ambienti, solo parzialmente scavati. All’altezza della nona colonna, a nord, le tracce di un muro, di cui non si conosce lo spessore, lungo 1,48 metri.

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