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Il Covid ha diviso le Marche in tre:
rosso fuoco, rosso pallido e giallo limone

L'ANALISI di Claudio Maria Maffei, medico e dirigente sanitario in pensione sulla pandemia. La situazione nella provincia di Ancona è drammatica, in quelle di Macerata e Pesaro-Urbino preoccupante, nel Fermano e nell'Ascolano tranquillizzante. Perché tanta differenza? Analizzare e decidere è prima di tutto compito e responsabilità della Regione

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Claudio Maria Maffei

 

di Claudio Maria Maffei*

I dati del Covid-19 stanno dividendo la Regione in tre parti. Infatti, mentre i dati a livello regionale sembrano stabili, i dati per singola provincia evidenziano situazioni molto diverse tra loro. Oramai tutti quelli che vogliono farsi una idea un po’ più precisa sull’andamento della pandemia nella nostra regione guardano le elaborazioni del dott. Spada sulla pagina Facebook di Pillole di Ottimismo. Questi prevedono anche delle elaborazioni per provincia e consentono di riconoscere la esistenza in regione di tre situazioni molto diverse: quella della provincia di Ancona, che è drammatica, quella di Macerata e Pesaro-Urbino che è preoccupante e quella di Fermo ed Ascoli Piceno che definiremmo tranquillizzante se non fosse che col Covid solo il rapido completamento della vaccinazione di massa ci potrà tranquillizzare davvero.

Prendiamo i dati di ieri. Su 405 nuovi positivi più della metà (218) si sono registrati ad Ancona, 65 a Pesaro-Urbino, 69 a Macerata, 18 a Fermo e 20 ad Ascoli Piceno. Questi dati se vengono trasformati in frequenza di nuovi casi nella ultima settimana proiettano Ancona al quinto posto in Italia (con 268 casi ogni 100.000 abitanti) e Macerata e Pesaro in zona rossa in base ai criteri che usa a scopo di studio il dott. Spada (con rispettivamente 157 e 149 nuovi casi ogni 100.000 abitanti alla settimana). Fermo e Ascoli sono tranquillamente verdi con un indice di 87 e 84 rispettivamente.

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Screening per la variante inglese a Tolentino

Perché tanta differenza? Purtroppo non ci sono valutazioni epidemiologiche ufficiali che aiutino a capire i motivi di tanta variabilità. Si è parlato di un possibile ruolo della variante inglese che ormai sappiamo non essere più clinicamente aggressiva, ma solo più contagiosa il che equivale per logica a dire che per la popolazione è una variante più grave. Intanto potrebbe essere utile approfondire questa situazione con i dati già a disposizione in modo da sapere quali sono i comuni più colpiti, le fasce d’età più interessate, la distribuzione dei nuovi casi nelle categorie più a rischio, la presenza di focolai in comunità chiuse, ecc. Insomma è urgente dare un senso a quei numeri così preoccupanti in modo da procedere a misure mirate senza aspettare l’Istituto Superiore di Sanità come invece ha dichiarato il presidente Acquaroli di voler fare. Analizzare e decidere è prima di tutto compito e responsabilità della Regione.

Nel frattempo altri preoccupanti scricchiolii vengono dalla gestione della pandemia. Nella organizzazione della vaccinazione di massa degli over 80 ci si è dimenticati di coinvolgere i medici di medicina generale che da una parte nelle dichiarazioni ufficiali della Regione dovrebbero garantire le vaccinazioni a livello domiciliare mentre nei fatti nessuno li ha coinvolti per la gestione di questa fase della vaccinazione. Decisione tanto più strana in quanto in contraddizione con il ruolo svolto dai medici di medicina generale delle Marche nella vaccinazione degli ospiti delle strutture residenziali e in quella antiinfluenzale. Medici di medicina generale che molte altre Regioni hanno invece coinvolto dal Veneto al Lazio. Certamente adesso si correrà ai ripari, ma questo è un altro importante segnale di come la gestione della pandemia nelle Marche sia spesso sfilacciata.

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Il governatore Francesco Acquaroli e l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini

Un altro scricchiolio viene dalle strutture residenziali a gestione “privata” (le virgolette stanno ad indicate che spesso è un privato tutto particolare) dove si registra la fuga degli infermieri assunti dall’Asur con il maxi-concorso appena concluso. Era purtroppo facile prevedere che in carenza di infermieri se li metti in più da una parte li togli da un’altra. Le periodiche affermazioni dell’assessore Saltamartini secondo cui migliaia di infermieri avrebbero finalmente dato sollievo alle strutture pubbliche non hanno purtroppo tenuto conto di questa situazione largamente nota. Intanto sono diventate più di 10 le strutture socioassistenziali delle Marche colpite da focolai epidemici dall’inizio dell’anno (Ancona, Morro d’Alba, Montecosaro, Esanatoglia, Sarnano, Tolentino, Osimo, Falconara, Porto Recanati, Camerano e Porto Sant’Elpidio). Adesso la situazione rischia ulteriormente di peggiorare.

La gestione della pandemia forse merita nelle Marche una regia capace di analizzare meglio i dati e di prendere decisioni più mirate e “di sistema” senza aspettare l’aiutino da Roma.

*Medico e dirigente sanitario in pensione



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