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La fine di Renata: uccisa,
avvolta nei sacchi della spazzatura
e nascosta per due giorni in auto

INDAGINI - Sono i tre passaggi ricostruiti dalla procura tra il 9 e il 12 ottobre per focalizzare i punti fondamentali in cui si snoda l'inchiesta della pittrice trovata morta il 10 novembre a Tolentino. Per trasportare il cadavere, gli indagati avrebbero utilizzato la Fiat 600, percorrendo oltre 100 chilometri sulla SS16, occultando il corpo sotto alcuni scatoloni di carta

Renata Rapposelli

 

di Federica Serfilippi

Il litigio per motivi economici, il delitto eseguito in casa e il piano, riuscito a metà, per sbarazzarsi del corpo. È la consequenzialità degli eventi ricostruiti dalla procura in un arco di tempo compreso tra il 9 e il 12 ottobre, rispettivamente giorno in cui viene collocata la morte di Renata Rapposelli e giorno scelto da Simone e Giuseppe Santoleri per il trasporto del cadavere da Giulianova alla contrada Pianarucci, Tolentino. Il viaggio sarebbe avvenuto dopo aver lasciato il corpo della pittrice per 48 ore all’interno del bagagliaio della Fiat 600 degli indagati, arrestati entrambi questa mattina e portati nel carcere di Teramo (leggi l’articolo). La cronistoria dell’inchiesta inizia poco dopo le 13 del 9 ottobre, quando la donna arriva a casa dei Santoleri, in via Galilei, dopo essere partita da Ancona con un treno. Quasi subito inizia un litigio con l’ex marito per motivi economici legati al mantenimento. Secondo quanto dichiarato dai due indagati, Renata abbandona l’appartamento dopo neanche mezz’ora per tornarsene ad Ancona. Pino si offre di accompagnarla in auto :“L’ho lasciata a due tre chilometri dalla basilica di Loreto e sono tornato indietro” è stata la versione di Giuseppe. Smentita dalle indagini della procura. Ecco perché: alle 15.39 il cellulare di Reny, mai ritrovato, si stacca dalla connessione dati, agganciando pochi istanti prima un ripetitore di via Galilei, a circa 200 metri dalla casa dei Santoleri. Un’ora dopo, l’istruttrice della palestra che si trova nel piazzale del plesso condominiale degli indagati ascolta Simone ingiuriare contro una donna e urlare: “Sei tornata per riprenderti mio padre dopo tanti anni”.

Simone e Giuseppe Santoleri

Ancora dopo, Renata viene vista in una farmacia di Tortoreto dove acquista un parafarmaco per calmare il suo stato d’ansia, mostrando la tessera sanitaria che poi non verrà strisciata. Da quel momento, non si hanno più notizie della donna che, stando a quanto ipotizzato dagli inquirenti, deve essere tornata in via Galilei. Da lì, secondo la procura, non uscirà più viva. Uccisa per strangolamento o avvelenamento. Il buco di informazioni tra il tardo pomeriggio e la sera del 9 si ferma all’una di notte del 10 ottobre, quando una vicina di casa dei Santoleri nota un particolare inusuale per le abitudini si Simone e Pino: la Fiat 600 è parcheggiata con il bagagliaio rivolto verso casa,  come se si dovesse caricare qualcosa. Quando sorge il sole, l’auto è girata di 180 gradi. È in questo periodo di tempo che gli investigatori collocano il caricamento del cadavere nel bagagliaio. Secondo la procura, è stato avvoltolato in dei sacchi dell’immondizia chiusi con del nastro adesivo. Oggetti comprati, stando agli scontrini racimolati dagli investigatori, qualche giorno prima dell’arrivo di Renata in un ipermercato poco lontano da Gulianova. Il corpo, una volta adagiato sul fondo dell’auto, è stato coperto con dei pacchi di cartone. Per due giorni, dunque, il corpo di Renata viene contenuto all’interno dell’auto. Non è chiaro cosa i Santoleri possano aver fatto in quelle 48 ore. Di sicuro c’è che attorno alle 11.15 del 12 ottobre, due telecamere della strada che da Giulianova conduce verso Civitanova, riprendono la Fiat 600. I frame sono stati estrapolati da un rilevatore ottico installato dai vigili urbani e da una telecamera di una stazione di servizio, nei pressi di Porto Sant’Elpidio.

Il sopralluogo nel punto dove è stata trovata Renata

Nel secondo caso non si vede la targa come nel primo, ma sono chiari due particolari: i cartoni nel bagagliaio, da cui era stato tolto il pianale, e il tergicristallo del lunotto posteriore rotto, proprio come quello della 600 dei Santoleri. Secondo l’ipotesi accusatoria, gli indagati sarebbero arrivati alla contrada Pianarucci verso mezzogiorno. Una zona che, secondo quanto emerso dalle indagini e e da alcune testimonianze, almeno il figlio di Renata conosceva bene. Volevano che il corpo arrivasse fino al fiume, invece si è fermato lungo la scarpata, in un terreno impervio. Verrà ritrovato casualmente il 10 novembre da un operaio moldavo. Intercettato dagli investigatori dopo la fuga di notizie che le telecamere avevano ripreso la 600 sulla statale, Simone avrebbe cercato di sviare le indagini, dichiarando al telefono di aver affrontato il viaggio con il padre per portare alcuni suoi vestiti, contenuti in degli scatoloni, a Osimo, dove abita la sorella Maria Chiara. Il tragitto era stato poi cambiato all’ultimo momento, spingendo l’auto verso i comuni del Maceratese colpiti dal sisma.



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