Era il 16 settembre 2018, Matteo Salvini in qualità di ministro dell’Interno dal tetto dell’Hotel House annunciò quella che secondo lui sarebbe stata la soluzione finale: «Qui servono le ruspe, va abbattuto». C’è anche il viaggio di ritorno Falconara-Milano di quel giorno, secondo Fanpage, nei 35 voli di Stato contestati al leader della Lega che ora è indagato dalla procura di Roma per abuso d’ufficio.
La notizia del fascicolo aperto dai pm capitolini e trasmesso al Tribunale dei ministri è stata anticipata oggi da Fatto Quotidiano e Corriere della Sera. La questione era già finita all’attenzione della Corte dei Conti lo scorso settembre, dopo un’inchiesta di Repubblica sugli abbinamenti di molti viaggi istituzionali di Salvini con appuntamenti o manifestazioni elettorali. Gli inquirenti contabili avevano determinato che si era trattato di un utilizzo illegittimo dei mezzi di Stato, ma avevano archiviato il fascicolo non riscontrando nessun danno erariale. In quanto i costi sostenuti per quei voli – 20 con aereo P.180, 14 con elicotteri in dotazione al Dipartimento di pubblica sicurezza e uno con aereo P.180 in dotazione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco – «non appaiono essere palesemente superiori a quelli che l’amministrazione avrebbe sostenuto per il legittimo utilizzo di voli di linea da parte del ministro e di tutto il personale trasportato al suo seguito». Il punto è che la normativa vigente del 2011, prevede che i voli di Stato debbano «essere limitati al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale, salvo eccezioni che debbono essere specificamente autorizzate» e che «i velivoli suddetti sono stati acquistati per finalità prettamente operative e non per il trasporto di autorità, neanche per agevolare lo svolgimento della loro attività istituzionale». Per questo il fascicolo è poi stato trasmesso alla Procura di Roma. E ora il Tribunale dei ministri dovrà accertare se effettivamente sia configurabile l’ipotesi di abuso d’ufficio o meno. «Un po’ di dolcezza per voi. Più ci attaccano, più andiamo avanti col sorriso», la prima reazione di Salvini affidata a un post su Facebook.
Tra i voli contestati dunque anche quello riportò l’allora ministro a Milano da Falconara, dopo la visita all’Hotel House di Porto Recanati. Un viaggio di circa 60 minuti. Anche la visita durò un’oretta e Salvini venne accolto da un dispiegamento enorme di forze dell’ordine e da residenti e fan in fila in attesa di strappare un selfie. L’ex ministro ascoltò a lungo la situazione che gli presentarono il sindaco Roberto Mozzicafreddo, il prefetto Iolanda Rolli, il questore Antonio Pignataro, il comandante provinciale dei carabinieri Michele Roberti e l’amministratore di condominio Gianluca Tomasino. Le istituzioni fornirono all’allora ministro una fotografia impietosa dell’Hotel House e dei suoi problemi. E lui, dal tetto del palazzo multietnico sentenziò: «Ci rivediamo con calma, coinvolgendo anche le altre istituzioni, ma secondo me qui servono le ruspe. O l’Hotel House viene risanato con un progetto serio oppure va abbattuto, per esperienza credo che sia più percorribile la seconda strada». Poi tornò a Milano con il volo di Stato decollato dal Raffaello Sanzio di Falconara.
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