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L’analisi di Cna: «Nella Fase 1
il 70% delle imprese si è fermato
Con la riapertura perdite al 30%»

IL REPORT sulla condizione della aziende del territorio anconetano durante gli ultimi due mesi

foto d’archivio

 

Nella fase emergenziale, oltre il 70% delle aziende anconetane ha sospeso completamente l’attività e il restante 29,4% di quelle che hanno lavorato l’ha fatto con consegna a domicilio (6,7%) e a seguito della comunicazione al Prefetto (4,9%). Infine il 17,8%  non ha mai smesso di lavorare. E’ quanto emerge dal report redatto dalla Cna. Stando a quanto estrapolato dall’indagine, «il giudizio sull’operato del Governo nella fase uno è netto e poco edificante, in particolare per quanto concerne il credito e la liquidità, che per il 40% di loro è da bocciare nettamente. Per almeno uno su quattro male anche le procedure per la moratoria sui finanziamenti, la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi e gli ammortizzatori sociali. Il tasto dolente resta però il credito, poiché basta pensare che solo il 27,7% ha ottenuto la moratoria sui finanziamenti e il resto non ne ha beneficiato o ha deciso di soprassedere, dopo aver ponderato negatività e le complessità. Peggio ancora per il credito bancario garantito dallo Stato, a cui ha tentato di ricorrere il 60% delle imprese di cui 2/3 di esse per la soglia sotto i 25mila euro. Di queste ad oggi ben il 95,6% non hanno ancora avuto risposta, allo 0,8% è stato accordato meno di quanto avevano chiesto ed appena il 3,6% sono stati interamente soddisfatti». Secondo Cna il 53% delle imprese ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali con sospensione a zero ore e il 12,7% di loro ha anticipato l’importo ai loro dipendenti. Il settore della moda (84,5%), il legno e arredo (77,5%) e il commercio (64,2%) hanno attinto pesantemente dalla cassa integrazione, a differenza dei servizi alle imprese (17,5%), i quali hanno fatto viceversa un forte ricorso allo smart working (42,1%), contro una media del campione indagato del 12,3%. L’84,8%  ha richiesto il bonus delle 600 euro ed il 70% sta adeguando la sua attività alle nuove disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro, anche se c’è ancora molta confusione per il 21% di loro. Nella produzione già oltre l’80% si è adeguato ed il resto di loro sta mettendo a punto le ultime procedure. In questo nuovo quadro operativo la quasi totalità delle imprese dovrà fronteggiare un impatto sensibile nei costi di gestione e nuovi investimenti (36,7%) ed un rallentamento e riduzione dell’attività (51,5%). Inoltre, questa prima fase pandemica per l’80% di loro ha generato un deterioramento dei rapporti con i clienti ed il 20% di loro dichiara di averli persi definitivamente. Ovviamente i settori che hanno subito una contrazione maggiore già sperimentata o probabile sono rispettivamente l’alimentare da un lato e il commercio e turismo dall’altro; mentre in particolare per il mercato estero risulta penalizzata la moda (-25%). Il 12,3% delle attività ha sperimentato con successo il lavoro a distanza, contro il 67,3% di loro che non l’ha fatto, perché la tipologia di attività non lo consente, in particolar modo nei settori produttivi. Tuttavia da questa complessa fase storica le aziende ne verranno fuori con un maggior controllo sulla sicurezza (76,7%), una riorganizzazione del personale (37,8%), il potenziamento della rete digitale (35,9%), maggiore ricorso alla riunioni con piattaforme web (33,2%) e l’approccio alle vendite online (27,4%). Almeno la metà delle imprese della provincia di Ancona preferisce riaprire con gradualità, seguendo una programmazione preventiva, anche se il 17,1% preferisce risolvere prima l’emergenza sanitaria (25% nel trasporto) e viceversa il 14,7% spinge per ripartire subito, costi quel che costi (29,3% nel turismo). Resta il fatto che almeno 2/3 delle nostre attività si dichiarano preoccupate e il 14,7% addirittura angosciate. Di converso il 10,6% ammette di avere fiducia, con punte di “ottimismo” nell’arredo (14,3%), nelle costruzioni (13,8%) e curiosamente nel turismo (16,7%). Nonostante la prossima riapertura completa, che dovrebbe celebrare la cosiddetta fase due, ben l’82% delle imprese prevedono perdite pari o superiori al 30%, in particolare nel turismo (100%), commercio (90%) e servizi alla persona (88%).

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