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Emergenza cinghiali:
esemplare abbattuto alla Cupa
«Vengono in città per sfuggire ai lupi»

ANCONA - Ieri sera l'episodio ai margini dell'ex Crass. Cacciatori in azione anche a Paterno. «Prima i capi erano più sparpagliati, ora, per difendersi meglio, capita che si raggruppino più famiglie»

foto d’archivio

 

di Giampaolo Milzi

Se il tavolo in inter-forze tra le istituzioni in Prefettura ha fatto flop quanto a soluzioni vere per il cronico problema cinghiali in città, c’è invece chi ha fatto centro; ed è la prima volta da mesi che viene reso noto all’opinione pubblica – piuttosto preoccupata – che un esemplare è stato ucciso ad Ancona in area quasi urbana E’ accaduto ieri sera la tre 18 e le 19 nella zona di campagna, solo in piccola parte coltivata, che dal rione Piano (lato asse piazza D’Armi – vie Cristoforo Colombo e Maggini) sale fino a Posatora e al Fornetto. A circa 300 metri “a monte” dell’ex Crass, vicino il lungo fosso che scende dalla zona de La Cupa. Si tratta di un cinghiale adulto, 80-90 chili di peso, femmina, fulminato da un colpo di carabina. A sparare è stato uno dei quattro selettori-cacciatori, tutti anconetani, iscritti alle liste autorizzative dell’Ambito territoriale di caccia (Atc) 2, organismo dipendente dall’ente Regione Marche (oltre una cinquantina gli operatori abilitati all’abbattimento nel periodo 22 maggio 2021 – 15 marzo 2022). Sempre ieri sera altri selettori dell’Atc hanno ucciso un cinghiale, maschio, a Paterno (area periurbana) e un altro domenica sera nel verde tra Camerano e Sirolo. Tornando al capo individuato lungo il fosso de La Cupa, i quattro selettori-cacciatori erano accompagnati da agenti della Polizia provinciale e del Corpo forestale, addetti al controllo della regolarità della “battuta” (si può sparare non oltre i 100 metri di distanza da un’abitazione, e da un’ora prima del tramonto ad un’ora prima dell’alba). Dopo l’abbattimento – come prescritto dai regolamenti – i cacciatori hanno portato l’esemplare all’Istituto Veterinario del Crass e poi  all’Istituto Zooprofilattico, a Posatora, per analisi più approfondite volte ad escludere che l’animale fosse portatore di malattie pericolose per l’uomo (come la trichinella).

Ancona, un cinghiale a passeggio per via del Conero

A commentare l’episodio, Massimo Marconi, anconetano, 70 anni, cacciatore da quando era 18enne, espertissimo di cinghiali, anche lui selettore dell’Atc2. L’ungulato femmina ucciso ieri lungo il fosso de La Cupa può far parte della famiglia, o di una delle famiglie più volte segnalate dentro l’area Crass tra fine inverno e inizio primavera nei parchi e perfino vicino alla farmacia di Posatora? «E’ molto probabile, ma difficile essere sicuri al 100% perché in questa area si sono stabilite più famiglie, e i capi si spostano in zone contigue (vista la particolare morfologia del territorio anche urbano di Ancona, ndr) con parti di campagna, fino alle frazioni. Il 10 marzo scorso c’è stato un abbattimento al fosso Miano, e mi pare che anche l’ultimo cinghiale che ho ucciso io nel marzo 2020 era da quelle parti, tra Valle Miano e Pietralacroce». Già, da quelle parti, tante parti in realtà, come segnalato in continuazione dai cittadini, con tanto di foto e video. Sono del 29 maggio le immagini riprese da un residente di Posatora che documentano una famiglia di cinghiali che pascola proprio vicino al “famigerato” fosso de La Cupa. La mappa degli avvistamenti più recenti, oltre ai siti già citati? Il parco di Villa Beer alle Grazie, Pietralacroce e via Del Conero, parco del Gabbiano a Torrette, Candia, Ghettarello (per elencare alcune zone). Delle cause del crescente proliferare dei cinghiali nel territorio municipale del capoluogo regionale Cronache Ancona si è già occupata: la conformazione del territorio, appunto, con ampie fasce di verde, spesso purtroppo in abbandono e in degrado; residui di cibo lasciati per strada; lo stop (tranne rari e brevi periodi) da un anno dell’attività di abbattimento di 120-130 selettori in zona Parco del Conero, da quando è iniziata la pandemia Covid. Massimo Marconi ne aggiunge un’altra: «Vengono in città per sfuggire ai lupi (anche questi avvistati sempre più spesso, ndr) che li cacciano. Prima i capi erano più sparpagliati, ora, per difendersi meglio, capita che si raggruppino più famiglie». Tornando al tavolo in Prefettura del 24 febbraio scorso (che ha escluso l’abbattimento da parte degli agenti provinciali in area urbana e periurbana; la Forestale può sparare, ma solo in base ad accordi coi Comuni, cosa che ad Ancona non è avvenuta), l’unica forma di contenimento ipotizzata è quella dell’uso delle trappole. Doveva essere all’odg del successivo tavolo, che però non si è più riunito. La Prefettura si è limitata ad inviare a tutte le istituzioni interessate una nota con alcune prescrizioni, le solite (recintare bene i parchi e le scuole, evitare conferimenti pirateschi in giro di sostanze alimentari, per fare due esempi) senza citare nemmeno l’introduzione dell’intrappolamento ad Ancona. Un metodo risultato portentoso, più dell’abbattimento, in alcune zone della provincia, come all’Oasi di Ripa Bianca vicino Jesi. «Confermo che è un metodo efficacissimo e poco costoso. – osserva Marconi – Ma tant’è, qui lo hanno escluso. E allora io, anche se so già usarle le trappole, mi sono iscritto a un corso on line su questa tecnica organizzato dalla Coldiretti di Pesaro».

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