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La mafia cinese nelle Marche
fa da banca clandestina
per gli evasori e il riciclaggio

L'INTERVENTO dell'avvocato Giuseppe Bommarito - Da anni svolge con un sistema stabile e organizzato questa attività legandosi agli interessi di Camorra e 'Ndrangheta. Tra Civitanova e Porto Sant'Elpidio la comunità cinese è molto presente e di fianco ai tanti che svolgono attività legali c'è però anche un mondo sommerso legato alla contraffazione, soprattutto nel campo della pelletteria tramite piccole aziende artigianali, spesso nascoste e poco visibili

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

di Giuseppe Bommarito*

Un recente comunicato della Guardia di finanza del comando provinciale di Ancona, datato fine gennaio 2024, ha dato notizia di una maxi-frode fiscale stroncata nell’Anconetano, basata su operazioni commerciali mai avvenute e su una rete di società cartiere messa in piedi da imprenditori italiani e cinesi. Impressionanti i numeri dell’operazione denominata dai finanzieri “Fast & Clean” per la velocità con la quale i profitti delle frodi fiscali, completamente “ripuliti”, tornavano agli imprenditori coinvolti: un giro di fatture false di circa due miliardi di euro, venuto alla luce a partire da accertamenti riguardanti alcuni laboratori di confezione gestiti da cinesi siti nei pressi di Ancona; oltre 140 le imprese cartiere, localizzate nelle Marche e in Lombardia, erano in gran parte esistenti solo sulla carta, oppure del tutto prive di risorse umane e materiali, domiciliate ad indirizzi improbabili o addirittura inesistenti; circa settanta milioni di euro evasi per l’Iva e le imposte dirette sottratte al fisco solamente nel 2022 e 2023.

Cinese, nel caso specifico, la regia e l’operatività dell’attività di riciclaggio e di autoriciclaggio mediante l’immediato trasferimento con bonifici dei soldi corrispondenti alle false fatture a banche cinesi, con successivo rapido ritorno ai beneficiari della frode del denaro contante mediante corrieri, detratta ovviamente la commissione (tra il 5 e il 15 per cento a seconda dell’importo), cioè il compenso della malavita cinese operante sul territorio italiano e in Cina che, tramite le proprie strutture, ha di fatto svolto le funzioni di banca occulta a servizio dell’economia illegale.

E’ da tempo, da anni, infatti, che la mafia cinese, anche nelle Marche, svolge con un sistema stabile e organizzato questa attività bancaria abusiva e clandestina per riciclare sia il frutto di ingenti frodi fiscali che denaro sporco, derivante da reati quali estorsioni, usura, traffico di immigrati e di droghe soprattutto sintetiche, giri di prostituzione, esercizio di giochi d’azzardo, prodotti contraffatti (per questi ultimi quello di Ancona è tra i principali punti italiani di approdo, secondo gli analisti dell’antimafia) e altre attività illecite svolte in proprio o da altri sodalizi italiani di malavita organizzata, dalla ‘ndrangheta e dalla camorra in primo luogo. A volte, nei casi venuti alla luce, il primo trasferimento dei soldi in Cina è del tutto virtuale e le operazioni, anche quelle più delicate connesse alla retrocessione in Italia degli euro ripuliti, avvengono esclusivamente su base fiduciaria, con un sistema collaudato da decenni denominato “Fei Chen”.

finanza-2-650x501Le banche clandestine cinesi operano sotto la veste fittizia di esercizi commerciali, dalle nostre parti (la costa maceratese e quella fermana) solitamente di abbigliamento e di pelletteria, ma anche di elettronica, giocattoli e casalinghi, e fungono, con pacchetti diversificati, da “agenzia di servizi” sia per piccoli, medi e grandi evasori (i quali, oltre al risparmio fiscale, si garantiscono così pure una provvista in nero) che per la criminalità organizzata. Anni fa, subito prima del covid, nel maceratese si parlò anche di alcune segnalazioni bancarie di operazioni sospette (sos) riguardanti una parafarmacia in zona Civitanova e un’erboristeria a Porto Sant’ Elpidio, entrambe gestite da cinesi e dedite a tale attività bancaria illegale, ma poi delle indagini, presumibilmente portate avanti dalla Direzione distrettuale antimafia di Ancona, non si è saputo più nulla. Interessante sarebbe conoscerne l’esito.

Del resto, sono molto difficili le indagini sulle varie attività illegali poste in essere dalle organizzazioni malavitose cinesi, formatesi qui in Italia o arrivate un po’ alla volta con le varie ondate migratorie. Si tratta, infatti, di una comunità (anche quella dedita ad attività del tutto lecite) molto chiusa e diffidente e poco permeabile alle attività investigative, fondata su gruppi locali strettamente coesi e sempre collegati ad altre realtà più importanti, magari site in altre regioni d’Italia, specie in Toscana e in Lombardia. Gli ostacoli alle indagini sono poi acuiti dalla lingua del tutto incomprensibile e dai fortissimi vincoli di solidarietà criminale che si creano all’interno dei vari aggregati familiari, laddove il fenomeno del pentitismo è rarissimo e gli immigrati clandestini spesso abbondano, per cui meno si racconta è meglio è.

La nostra Chinatown costiera fermana-maceratese si concentra nella zona di Porto Sant’Elpidio, non solo sul litorale ma anche nell’interno, e a Civitanova, soprattutto nei pressi del casello dell’A14. Qui i cinesi sono particolarmente presenti, arrivati alla spicciolata, inosservati, apparentemente tranquilli, cauti, silenziosi. Molto operosi e in molti casi impegnati in attività sicuramente legali, in queste zone quelli invece dediti alla contraffazione di modelli industriali e marchi operano soprattutto nel campo della pelletteria tramite piccole aziende artigianali, spesso nascoste e poco visibili. 

Sostanzialmente i gruppi malavitosi provenienti dalla Cina replicano il modello organizzativo della ‘ndrangheta (tanto che alcune sentenze ne hanno riconosciuto la mafiosità ai sensi dell’art. 416-bis codice penale), costituendosi su una base familiare allargata o plurifamiliare che si muove intorno a interessi comuni, quasi sempre però con dei referenti posti altrove ad un livello più alto, e riesce ad imporsi grazie alla condizione di assoggettamento e di omertà della comunità cinese, sottoposta costantemente ad un controllo capillare, esercitato anche con pestaggi e violenze quasi mai denunziati alle forze dell’ordine. Investono nel settore commerciale del tessile e in esercizi commerciali che vendono prodotti cinesi e favoriscono l’importazione di prodotti contraffatti di ogni genere, anche con materiali nocivi alla salute (innumerevoli anche dalle nostre parti i sequestri di giocattoli operati dalla Guardia di Finanza, soprattutto nel periodo natalizio).

Il loro modo di procedere prevede di acquisire la proprietà di ditte già esistenti (anche a prezzi superiori al loro reale valore) o di costituirne altre in continuazione, spesso con intestazioni fittizie, per potenziare la loro economia “di giro” e per meglio eludere il fisco attraverso ripetute schermature dei movimenti finanziari reali. I malavitosi di etnia cinese, appoggiati a commercialisti italiani di notevole esperienza e abilità, preferiscono, per le loro operazioni, usare il contante (che di solito portano con loro, almeno i capi, in gran quantità, a mazzi di banconote), oppure, laddove si avvalgano di conti correnti “ufficiali”, far movimentare il denaro depositato, di solito in quantità molto ingente, velocemente verso la Cina, per lì avviare la procedura di ripulitura in vista del successivo rientro in Italia. Gli stessi conti correnti bancari vengono aperti e poi chiusi a gran velocità, sempre nell’intento di ostacolare il più possibile eventuali indagini. In tal modo anche una piccola ditta, magari aperta in qualche cantina o in qualche garage, riesce comunque a movimentare somme notevolissime di denaro.

Pochi i fatti di sangue, almeno stando alle denunzie, posti in essere nelle Marche da criminali cinesi, se si fa eccezione per un omicidio volontario, preceduto da sequestro di persona e da un tentativo di rapina, commesso nel luglio 2004 a Grottammare da un cittadino cinese allora 34enne ai danni di una giovane connazionale. Ma questo dato non è indicativo, perché i cinesi, anche le parti lese, quando vengono picchiate, intimidite, ferite da criminali con gli occhi a mandorla, preferiscono tacere perché hanno paura delle possibili ulteriori conseguenze.

Ma il problema della malavita cinese nelle Marche e in particolare nel maceratese rimane e sta continuamente crescendo di intensità soprattutto sul versante riciclaggio, grazie alla joint venture stipulata a tal fine con la ‘ndrangheta e con la camorra. Un’alleanza creata dalla comune esigenza di ripulire i capitali illeciti derivanti dal traffico di droga.

* Avvocato Giuseppe Bommarito, presidente associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

 

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