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Sotto il Museo della Città
spunta l’Ancona romana

ARCHEOLOGIA - La storia “a strati”: sotto il nuovo cantiere riaffiora il sito archeologico. Una domus, tratti di pareti, una porzione di pavimento, una condotta idrica, un’anfora funeraria e molti altri reperti databili dal periodo romano repubblicano e imperiale all’epoca rinascimentale passando per il Medioevo. Il progetto li renderà visibili al pubblico

Rendering della nuova ala del Museo della Città in via Buoncompagno, studio SH Architetti di Fabriano

 

) Tratto del cantiere per l’ampliamento del Museo della Città in via Buoncompagno (foto di Silvia Breschi)

 

di Giampaolo Milzi

Mentre si costruisce il nuovo, ecco che rispunta fuori l’antico. E’ una bella porzione della “Ancona a strati”- così la definiscono gli studiosi – che reclama visibilità e pubblica fruizione, quella che già fa capolino da dietro le impalcature protettive, lungo via Buoncompagno, del cantiere per la realizzazione del nuovo plesso del Museo della Città. Importanti parti di una “domus” romana, forse di due; vari e diversificati tratti di pareti; e tantissimi reperti, tra cui un bel pezzo di un bacile, un’anfora funeraria, una piccola porzione di pavimento, una condotta idrica, il materiale di copertura di una colonna, monete, frammenti di oggetti d’uso quotidiano. Tutti reperti di grande interesse, già scoperti nelle due precedenti campagne di scavo effettuate nel sito, nel 2001 e nel 2009, e sui quali ora, finalmente, la Soprintendenza unica delle Marche punta con forza l’attenzione. Un’attenzione che potremmo definire “radiografico-semi-ipogea”. Visto che occorre sfogliare (ovvero studiare, a volte decifrare) le pagine, spesso strappate e confuse fra loro, di una specie di libro che racconta più parti di Ancone in miniatura, nel loro successivo sviluppo urbanistico. Secolo dopo secolo, dalle prime fasi dello sviluppo dell’Urbs romana, passando per il periodo imperiale fino a quello medievale e rinascimentale. Questo libro fatto soprattutto di pietre e altri materiali lavorati dall’uomo, spesso sminuzzati, a volte anneriti da uno dei tanti incendi che funestarono la Dorica, è da ricomporre e analizzare a fondo. Si trova in pieno centro, in un’area delimitata dalle via Buoncompagno, della Pescheria, della Beccheria e da piazza del Plebiscito e da via della Beccheria, a due passi dall’antichissmo rione Guasco-San Pietro.
Il viaggio nel passato – a bordo di un’immaginaria macchina del tempo che ci regalerà alcune certezze, molte ipotesi e interrogativi – vola indietro fino ad oltre 2000 anni fa, nel periodo romano repubblicano. Ecco alcuni resti di strutture murarie. E poi blocchi in pietra arenaria: materiale di riporto, forse appartenenti a spezzoni di mura di difesa erette nei paraggi già nel I-II sec. a.C. Le strutture murarie aumentano e sono più “esplicite” quando facciamo tappa nel successivo periodo imperiale. Alcune pareti intonacate in modo policromo sono pertinenti ad ambienti domestici, in particolate di una “domus”, forse di una seconda, appena accennata. La “domus” più delineata, presenta una parete intonacata di rosso ben conservata, oltre ad un piccolo lacerto di mosaico a tessere, unico superstite di un pavimento interno. E poi ancora pezzi di intonaco, che ricomposti come in una specie di puzzle si rivelano il rivestimento di una colonna non individuata, forse crollata e quindi spezzettata tra cumuli di macerie. Il rivestimento intonacato giace su una superficie in terra battuta. Segno che la colonna, assieme ad altre (da cercare) delimitava il cortile di una “domus”, o di una delle due. Cortile di cui fa ancora bella mostra di sé un tratto pavimentale in mattoni, ampio circa 4 metri quadri. Dallo strato imperiale romano emerge un pezzo di terracotta, che alla vista di un profano suggerirebbe poco o nulla.

Resti di abitazioni e botteghe di età rinascimentale e di una “domus romana” di età imperiale (foto pubblicata su gentile concessione della Soprintendenza unica delle Marche)

 

Ma che agli occhi della dott.ssa Maria Raffaella Ciuccarelli, archeologa di zona della Soprintendenza e direttrice del sito archeologico, si rivela in tutta la sua importanza: “Si tratta di uno spicchio di un quarto del reperto originario, decorato con linee geometriche appena abbozzate nell’incisione; la sua collocazione non è casuale, pare poggiato in un punto preciso di un ambiente speciale”. “Dovremmo, vorremmo cercare gli altri tre spicchi del bacile. – prosegue la Ciuccarelli – “Trovandoli, potremmo avere la prova che furono deposti in questo luogo con funzione rituale o propiziatoria” . Un obiettivo difficile. Il motivo: “Qui ci si muove tra cumuli di materiali edili oggetto di molti crolli, spesso sminuzzati e confusi fra loro, sovrapposti, frutto di diverse fasi costruttive, legate al lunghissimo periodo dell’impero romano, a partire da quello Augusteo”, spiega Giacomo Piazzini, giovane professionista, anche lui archeologo, incaricato dal Comune di Ancona di seguire i lavori dell’impresa edile che deve realizzare l’ampliamento del Museo della Città. Cumuli di materiali da cui è emersa qualche moneta. Cumuli costituiti anche da tantissimi frammenti di vetro, ceramica e metallo di vari oggetti e utensili.

Porzione di pavimentazione in laterizi di età romana imperiale (foto pubblicata su gentile concessione della Soprintendenza unica delle Marche)

Al periodo romano, in genere, risalirebbe, inoltre, una condotta idrica in pietra, praticamente integra; lunga una decina di metri, segna da un capo all’altro l’area degli scavi, e prosegue ben oltre.
Procediamo avanti, nel tempo, verso il periodo tardo-antico, di fine impero. Un’altra scoperta rilevante. Un’anfora, dentro ci sono delle ossa. Ciuccarelli: “Segno che siamo, probabilmente, in un altro ambiente particolare, di tipo cimiteriale”. Se si scavasse ancora potrebbero spuntar fuori altre anfore di quel tipo, urne, magari tombe. Impossibile, per ora, specificare se i riti praticati in questa sezione di una planimetria di scavo così intricata fossero di tipo pagano o paleocristiano”. Difficile una datazione certa: siamo nel V-VI secolo? “L’uso di un’anfora come contenitore di ossa è tipica delle sepolture infantili”, aggiunge Piazzini.
L’orologio-calendario della macchina del tempo si riattiva velocissimamemte, “usciamo” di fronte un altro muro, anche questo del tardo impero SPQR, ma a fianco ecco due grosse pareti di tipologia diversa, che formano l’angolo di una vasto ambiente, un ambiente medievale. Anche qui strumenti d’uso quotidiano frammentati, brandelli di murature, conci di pietra. Piazzini: “Una fase, questa, davvero difficile da interpretare, perché il materiale è disperso in punti diversi. E la conformazione originaria è notevolmente mutata a causa dei successivi interventi del XVI secolo, l’epoca rinascimentale”. E l’epoca rinascimentale, fin dai suoi inizi al confine col tardo Medioevo, ci riserva quella che è forse una delle più importanti scoperte di questo archeosito. Ovvero i notevoli resti di un quartiere urbano, che era costituito da case private. E da qualche bottega artigiana. In una di esse lavorava un fabbro, perché sono stati rinvenuti materiali di scarto di una fornace per metalli.
“Dovremo darci da fare ancora molto per ricomporre l’intero mosaico stratificato di questo importante sito”, annuncia l’archeologa Ciuccarelli. La Soprintendenza ha approntato un progetto in più fasi: consolidamento del lavoro svolto in passato con ripulitura di tutta l’area, restauro dei reperti e certosina attività di studio. E poi, la volontà, il dovere di scavare ancora.
Per questo il dirigente della Soprintendenza, Carlo Birrozzi, ha chiesto al Ministero una prima quota-fondi di 50mila euro. L’assessore comunale alla Cultura, Paolo Marasca, ha promesso il suo interessamento per una futura contribuzione finanziaria municipale. Nel frattempo, si pensa già a progetto di musealizzazione. Il salone terra dell’edificio bis del Museo della Città (l’ampliamento forse completato a fine estate), dotato di pannelli espositivi, sarà dedicato alla divulgazione della storia più antica di Ancona. Vi saranno realizzate passerelle, oltre a rampe in discesa per consentire ai visitatori di ammirare i reperti archeologici fin qui descritti. Che si potranno vedere, in parte, anche dall’esterno, grazie ad una vetrata illuminata che darà su via Buoncompagno.

Rendering della nuova ala del Museo della Città, vista da via della Beccheria, studio SH Architetti Fabriano

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