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Caos Whirlpool, cala la produzione
nello stabilimento di Comunanza

COMUNANZA - Rispetto al primo semestre del 2018 sono stati fabbricati 22.000 pezzi in meno. «Non arriveremo ai 630.000 previsti per il 2019, ma nemmeno ai 573.000 dello scorso» denunciano le Rsu che oggi hanno riunito i lavoratori in assemblea. Presenti anche i coordinatori nazionali Armandi e Ferri

Alessandro D’Isabella, Romina Rossi (con dietro Gianni Lanciotti), Claudia Laura Ferri, Angelo Alfonsi e Paolo Marini

di Maria Nerina Galiè

La sostenibilità di un’azienda poggia sui numeri che, a loro volta, devono essere quelli attesi in base alle proiezioni di mercato. Se ci sono discrepanze, allora sono guai. Le previsioni non sono state confortate dalle richieste reali per lo stabilimento Whirlpool di Napoli, tanto che l’azienda ha deciso di alienarlo, scatenando l’ira funesta del ministro Luigi Di Maio. Nel frattempo stanno tremando gli altri siti italiani, tra cui quello di Comunanza dove oggi, giovedì 6 giugno le Rsu Marini, Forti, Lanciotti, Bartomioli, Capolongo e Corradetti hanno convocato l’assemblea dei lavoratori a cui hanno preso parte anche i coordinatori nazionali per la Whirlpool Francesco Armandi (Ugl) e Claudia Laura Ferri (Fiom) ed i segretari provinciali di Ascoli Angelo Alfonsi (Fiom), Romina Rossi (Fim) e Alessandro D’Isabella (Uilm). Numeri, dicevamo, che non rassicurano le maestranze picene. Nemmeno dopo la conferma da parte dell’ad La Morgia dell’investimento di 18 milioni e 600 mila euro ed il rientro dell’incasso dalla Polonia. Neanche dopo aver visto con i loro occhi il prototipo del modello da 8-9 chili. Perché è il mercato, a quanto pare, a dirigere i giochi e non guarda in faccia a nessuno.

A Comunanza ci sono 6 linee dalle quali nel 2018, con 52 giornate di fermo produttivo, sono usciti 573.00 pezzi. Il nuovo piano aziendale prevedeva un rilancio dei volumi fino a 630.000 unità nel 2019. Il periodo gennaio-giugno di quest’anno invece si sta attestando su un notevole calo di produzione rispetto al primo semestre dell’anno precedente. Saranno 22.000 i pezzi in meno. Gli operai continuano a lavorare sulle 6 linee con lo stesso numero di ore, però ogni giorno viene loro richiesto di sfornare 50 elettrodomestici in meno. Ecco dunque che si chiedono quanto sarà ancora sostenibile questa situazione. «Lo stabilimento di Napoli – ha riferito Paolo Marini – è quello più a rischio su questo fronte, si sapeva e c’era timore per la sua sorte. Poi viene Siena e subito dopo ci siamo noi».

C’è grande aspettativa per il prossimo incontro al Mise, richiesto esplicitamente dal premier Di Maio con la pretesa, nemmeno troppo velata, di vedersi sottoporre dai vertici del colosso americano una soluzione diversa per Napoli. «Non mi venite a raccontare che volete  riconvertire – ha tuonato il Ministro del lavoro e dello sviluppo economico al tavolo nazionale di martedì 4 giugno nei confronti dell’ad La Morgia – ho sentito usare il termine riconversione tutte le volte che si era deciso di chiudere uno stabilimento. Con la vendita si sa quello che si perde, ma non c’è alcuna certezza su quanto si guadagna».

Nel frattempo il coordinamento nazionale ha indetto una manifestazione in segno di solidarietà per i colleghi campani che si terrà a Firenze il prossimo 14 giugno. «La solidarietà tra stabilimenti è importante» ha ricordato Alfonsi ai lavoratori di Comunanza nell’invitarli a supportare l’iniziativa con una nutrita presenza.

 

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