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Bivacchi e degrado al Cardeto:
sfondata la porta del Vecchio Faro

ANCONA - La struttura, lasciata all'incuria da anni, è diventata meta di vagabondi tanto che all'interno sono stati trovati indumenti e un materasso steso a terra. Carabinieri del Ntpc allertati della situazione in cui versa il gioiellino del polmone verde più grande della città

L’interno del Vecchio Faro

 

di Giampaolo Milzi

Centosessantanni portati sempre peggio, nonostante di pregevole monumento si tratti; il Vecchio Faro che ancora svetta sul colle dei Cappuccini ha incassato l’ennesima ferita, ovvero lo sfondamento della porta d’ingresso situata nel manufatto di servizio a pianta rettangolare che sostiene la torre alta 20 metri.  Colpa dei soliti ignoti, che  hanno trasformato il locale basamentale in possesso privato, dopo aver aperto facilmente la seconda porta dell’atrio interno. Arredamento ridotto al minimo, un materasso con lenzuolo e cuscino, e in un angolo un borsone con alcuni indumenti, un’altra busta, un vasetto di vetro e una bottiglia di plastica. Logico chiedersi che fa il Demanio, legittimo proprietario della storica struttura eretta nel 1859 su progetto dell’allora famoso studio architettonico parigino Lepante (sul modello del Faro di Civitavecchia) e inaugurato il 10 luglio 1860 con la benedizione di Papa Pio IX.  L’sos sul danneggiamento della porta è stato lanciato già il 29 giugno scorso dell’Ufficio relazioni per il pubblico del Comune (su segnalazione di un cittadino); il giorno dopo dall’assessorato al Turismo e alla Cultura è partita una lettera indirizzata al dirigente dell’Agenzia del Demanio. Ebbene, da un sopralluogo effettuato ieri da Cronache Ancona, si evince che sono stati eseguiti due interventi minimali e insufficienti: sono state installate 8 strette asticelle, forse di legno, a metà altezza della porta principale, sotto la quale, essendo molto alta, ci si può facilmente infilare per entrare; è stata montata una bassa transenna, che prosegue con una striscia di plastica, trasversalmente alla parte terminale dello stradello che conduce al complesso del Faro, anche questo un ostacolo precario quanto puramente formale. Le scalette d’accesso al piano rialzato sono costellati di travi, erbacce e sporcizia.

Uno degli ingressi

Domani mattina, preso atto della situazione, l’intervento dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Ntpc), hanno già pronta una lettera da spedire alla Soprintendenza unica delle Marche, dato che – come già accennato – di bene di alto valore architettonico e monumentale si tratta, sottoposto a vincolo di tutela; la Soprintendenza a quel punto dovrebbe sollecitare il Demanio  per rimontare la porta, dare una pulita e attuare le opere di manutenzione necessarie.  E’ chiaro che la cronaca degli ultimi anni rema contro qualsiasi ipotesi, naufragata o destinata al naufragio, per una valorizzazione del Vecchio Faro del meraviglioso parco Cardeto-Cappuccini. Dal 1972, dopo i danni arrecati dal sisma (sia alla torre e, tra gli altri, va citato il crollo del muro di contenimento di sud ovest), la sua decadenza è stata inarrestabile. Non sono bastati alcuni i lavori di ristrutturazione effettuati durante gli anni ’80 prima, e nei ’90 poi fino al 2000, guidati dall’allora Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici delle Marche. Quelli che tra il 2000 e il 2003 avevano consentito a Legambiente di poter organizzare visite guidate fino al camminamento circolare sommitale. Accesso al pubblico poi stoppato 17 anni fa, per grossi acciacchi sopravvenuti alle scale interne in pietra d’Istria. Ulteriore ostacolo, la zona da sempre a rischio smottamento su cui è stata edificata l’opera edilizia. Nel 2007 Il Demanio propose al Comune una concessione ventennale in comodato d’uso del monumento, a condizione che l’Amministrazione comunale si facesse carico dei lavori necessari per una ristrutturazione generale e definitiva. Ma le casse del Comune avevano risposto picche. Così come quelle della Soprintendenza. Né è arrivata in soccorso la regione Marche, lasciatasi sfuggire un finanziamento, in parte europeo, per la riconversione tecnologica del Vecchio Faro a fini di controllo e monitoraggio dei traffici marittimi e dell’inquinamento ambientale. Né si parla più dell’impresa privata che si era fatta avanti per realizzarvi un ristorante super stellato. Per resuscitare il Vecchio Faro e riconsegnare a cittadini e turisti la possibilità di godere dello straordinario panorama che regala dall’altro su tutta la città, il golfo e il porto, servirebbero sondaggi geologici e alcune centinaia di migliaia di euro. Ma molti meno ne basterebbero per ripristinare una solida chiusura, tale da preservarlo da ulteriori mortificazioni.

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