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«Noi in prima linea costretti a cercare
anche i tamponi» lo sfogo
dell’infermiera del Dipartimento prevenzione

ANCONA – L'osimana Milena Montesi racconta la sua esperienza nella lunga filiera degli operatori sanitari impegnati nella battaglia contro il Coronavirus e spesso contro la burocrazia. Il micro-team pronto per la rilevazione dei test è in grado di coprire tutta la provincia, da Fabriano a Loreto. Verrà data precedenza agli ospiti della case di riposo, a sanitari e forze dell’ordine, ai pazienti immunodepressi e alle gestanti

Milena Montesi

 

 

E’ una trincea imponente quella scavata dalla Sanità pubblica nelle Marche per combattere l’avanzata del Covid 19, che nella lunga filiera degli operatori parte dal 118, al Gores, dai pronto soccorso agli ospedali, arriva fino al Dipartimento di Prevenzione con il Servizio d’Igiene e Sanità Pubblica dell’Asur. «Qui ci sono dirigenti, assistenti sanitari,infermieri e amministrativi che in questa emergenza lavorano ininterrottamente. Non vogliamo elogi ma farvi sapere che esistiamo». A raccontare la sua giornata in prima linea è l’infermiera osimana Milena Montesi. «In questi giorni tutti parlano del grande sforzo dei miei colleghi impiegati nei servizi di emergenza, in Rianimazione in ospedale, sento ringraziare per il loro operato i medici di base e i pediatri, le farmacie, la protezione civile, Gores che devo capire a cosa serva …..ma non c’è nessuno che parli di quel mondo che è il Dipartimento di Prevenzione con il Servizio d’Igiene e Sanità Pubblica. – scrive in un lungo post sui social media – Non sapete cosa fanno? Le direttive ministeriali per arginare l’emergenza parlano di direttive che fanno riferimento sempre al Dipartimento di Prevenzione. Per arginare l’epidemia del Coronavirus questo il Dipartimento deve tempestivamente avere la notifica del positivo da chi l’attesta, fare immediatamente l’indagine epidemiologica e mettere in quarantena i contatti più stretti telefonando a tutti e descrivendo come devono comportarsi per le norme igieniche. Per ogni numero di contatto positivo che si può leggere nel report della Regione si fa quanto sopra descritto. Fino a qualche giorno fa tutti i giorni si telefonava alle persone a casa per la sorveglianza attiva e per sapere come stavano. Ora parte una chiamata automatica».

Quello che si continua a fare invece è rispondere «alle innumerevoli telefonate di persone preoccupate, spaventate, – prosegue Milena Montesi che è anche delegata Usb dell’Area Vasta 2 – ci sono contatti costanti con i medici di base e i pediatri e ti capita anche di sentire racconti e di diventare anche assistente sociale, psicologa, amica virtuale assorbendo tutte le problematiche di chi sta dall’altra parte della cornetta». Non basta. Il Dipartimento di Prevenzione con il Servizio d’Igiene e Sanità Pubblica organizzano anche i servizi di tampone a domicilio. «E qui ci si scontra con il mondo della incoerenza. – sottolinea l’infermiera osimana . Ci si chiede di fare più tamponi poi però è un problema reperire: tamponi, dispositivi, mezzo con cui andare a domicilio. L’unica cosa certa è la disponibilità del personale pronto con noi ad organizzare. Fare la diagnosi in modo tempestivo è importante per arginare l’epidemia. Venerdì, dopo 30 di lavoro, mi sono sentita impotente e messa con le spalle al muro insieme all’equipe del Dipartimento di Prevenzione di Ancona».

Tamponi, dispositivi e mezzi alle fine sono stati trovati ma ogni volta è stato necessario cercare anche le autorizzazioni.«E’ difficile lavorare cosi,- osserva Milena Montesi – c’è troppa burocrazia senza una cabina di regia forte che oltre a fare leggi deve poi concretizzare ciò che scrive, offrendoci  l’opportunità di lavorare bene e in modo tempestivo. Se ci sono i tamponi e i dispositivi, il micro-team dei tamponi parte e copre tutta la provincia di Ancona, da Fabriano a Loreto e potremmo essere più tempestivi sui risultati. Noi vogliamo solo fare il nostro lavoro per aiutare gli altri». La precedenza nell’esame dei tamponi viene data agli ospiti della case di riposo, ai sanitari, a chi sta s casa con la febbre, agli operatori delle forze dell’ordine e naturalmente ai pazienti immunodepressi e alla donne in stato interessante.«Questi sono i criteri che stiamo adottando. Se non vengono fatti i tamponi il picco non lo vedremo mai» conclude l’infermiera.



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