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Rigopiano, la rabbia dei parenti delle vittime:
«Ora mandate fiori, serviva spazzaneve»
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ANNIVERSARIO - Il 18 gennaio 2017 l'albergo fu travolto da una slavina che causò 28 vittime tra cui la coppia di Castignano Marco Vagnarelli e Paola Tomassini. Il sindaco Fabio Polini: «Il Paese è legato a queste famiglie e ai ragazzi scomparsi che erano impegnati nel volontariato. Il loro ricordo è ancora molto vivo».

Il totem in ricordo delle vittime all’ingresso dell’Hotel distrutto dalla slavina (Fotoservizio Edoardo Fanini)

Una corona di fiori con scritto “11,30”, l’orario della richiesta di aiuto (che alla fine furono 56, ma tutte inascoltate) inviate da una delle vittime della tragedia dell’Hotel Rigopiano spazzato via, insieme a 29 persone, da una slavina. E’ quello che ha portato il fratello di Gabriele D’Angelo, una delle vittime, nel secondo anniversario della strage. Presenti a Farindola (Pescara) anche i vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, mentre la rabbia e il dolore dei familiari non accenna a placarsi. «Ora mandate fiori, serviva spazzaneve», ha urlato la mamma di Stefano Feniello.  Nella tragedia morirono 29 persone ed 11 sono i sopravvissuti, Tra i marchigiani che persero la vita sotto la valanga anche Dino di Michelangelo in poliziotti chietino in servizio presso il Commissariato di Osimo e sua moglie Marina Serraiocco.  Oggi pomeriggio alle 18, nella basilica di San Giuseppe da Copertino gli amici di Dino e Marinia, con il sindaco Simone Pugnaloni e l’assessore Michela Glorio si sono ritrovati insieme per recitare il rosario.

Il rosario recitato nella Basilica di San Giuseppe da Copertino per Dino e Marina, oggi pomeriggio a Osimo

Nella tragedia morirono anche Marco Vagnarelli e Paola Tomassini di Castignano che saranno ricordati con due messe in programma domani (sabato 19) nella chiesa castignanese di Sant’Egidio e domenica alla chiesa di San Pietro Apostolo alla Valdaso di Montalto. Presenti anche diverse persone giunte da Castignano. «Il Paese è legato a queste famiglie -dice il sindaco Fabio Polini– e ai ragazzi scomparsi che erano impegnati nel volontariato. Il loro ricordo è ancora molto vivo». Dopo i saluti e qualche momento di raccoglimento e preghiera, nei pressi del totem dell’hotel, alle 11.30 è stata celebrata, dall’arcivescovo della diocesi Pescara-Penne Tommaso Valentinetti, la messa nella chiesa del paese. Nel pomeriggio poi si è svolto un altro momento di incontro e commemorazione al palasport di Penne.

La sorella di Paola Tomassini tiene in mano l’immagine della coppia morta sotto le macerie dell’Hotel

«Dopo due anni di chiacchiere -ha detto il vice premier Matteo Salvini- di silenzio, adesso nel decreto semplificazioni che arriva in Aula nei prossimi giorni un provvedimento per aiutare vittime, sopravvissuti e feriti». «Noi ci siamo -ha aggiunto l’altro vice premier Luigi Di Maio- siamo qui anche per far capire a quei signori da che parte stiamo. Da che parte sta lo Stato. È importante per me comunicarlo anche con la presenza dello stato qui».

LA TRAGEDIA

Tre forti scosse in poche ore e tantissima neve: il 18 gennaio 2017 l’Abruzzo è in ginocchio per il maltempo e lo sciame sismico. Poco prima delle 17, una valanga si stacca e travolge l’Hotel Rigopiano, un piccolo rifugio di montagna sotto il versante pescarese trasformato in albergo e centro benessere di lusso. E’ frequentato da vip e personaggi dello star system come Barbara D’Urso. Ma in quel maledetto giorno migliaia di metri cubi di neve travolgono le 40 persone presenti (28 ospiti, di cui quattro bambini e 12 dipendenti), rimaste ‘imprigionate’, dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle. Nonostante gli appelli non si era riusciti a trovare una turbina spazzaneve per liberare il percorso: 29 persone perdono la vita, quasi tutte sul colpo. Nei giorni successivi si scava e dalle macerie e miracolosamente, vengono estratti dei superstiti.

L’INCHIESTA

Immediatamente si apre l’inchiesta della Procura di Pescara, che darà vita a due anni di indagini. «Non lo diciamo noi -sottolineano i parenti delle vittime riuniti ora in un Comitato- ma le carte che ha fatto una telefonata alle ore 11,38, il nostro sconforto è sapere che le vittime potevano essere salvate. Cinque ore erano sufficienti. Le vittime potevano essere salvate”. E ancora: «Sono stati chiamati gli elicotteri per i soccorsi sì o no? E se non sono stati chiamati, perché?». Gli inquirenti indagano 40 persone per quel che riguarda la gestione dell’emergenza: sotto accusa finisce in particolare il “corto circuito” che, secondo la Procura, avrebbe causato gravi ritardi nell’attivazione della macchina dei soccorsi. Le indagini dei carabinieri forestali consentono di appurare che dal resort, il giorno della tragedia, furono lanciate diverse richieste di aiuto: gli ospiti dell’hotel erano intrappolati dalla neve e chiedevano di sgomberare la strada per lasciare Rigopiano. Tra turbine fuori uso e mezzi impegnati in altre zone, però, l’hotel restò isolato fino alla mattina del 19, quando i soccorsi riuscirono a raggiungere il luogo del disastro. Carenze ed errori caratterizzano anche la fase post-valanga: Giampiero Parete, uno dei presenti, scampato alla tragedia, lanciò subito l’allarme, ma a causa di una lunga serie di equivoci,sottovalutazioni e incomprensioni, che per diverse ore portarono a liquidare la faccenda come uno scherzo, i soccorsi si attivarono solo dopo due ore e mezza l’accaduto. Il 26 novembre scorso, a meno di due anni dalla tragedia, la Procura di Pescara chiude l’inchiesta contestando a 25 persone, a vario titolo, i reati di disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio e abuso in atti d’ufficio. Tra le figure più in vista l’ex prefetto Francesco Provolo, il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso. Poi un elenco di dirigenti, funzionari e tecnici. Poche settimane fa un nuovo colpo di scena: viene aperta un’inchiesta bis, a carico di Provolo e di altri sei esponenti della Prefettura (tra cui il prefetto vicario di Macerata Salvatore Angieri), con l’accusa di depistaggio e frode processuale. Dal resort, la mattina del 18, partì una telefonata che arrivò in Prefettura. L’ipotesi della Procura, che sta stringendo i tempi per chiudere e andare a processo, è che quella telefonata sia stata deliberatamente occultata, anche distruggendo degli appunti che ne certificavano l’esistenza. Proprio giovedì scorso si è svolto l’interrogatorio degli indagati dell’inchiesta bis tra amnesie e versioni discordanti.

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